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di Antonio Papa per Calciomercato.it
“Ingiustizia è fatta”. Questo, in tre parole, è il sentimento che serpeggia nella città di Napoli dopo le sentenze del calcioscommesse. Una città che si ribella, ferita nell’orgoglio perché si sente vittima, a torto o a ragione, dell’ennesimo sopruso da parte di chi a questa squadra non ha mai regalato niente. Un veronese che inguaia milioni di napoletani: non può esserci incubo peggiore per gli appassionati azzurri, conoscendo l’ormai leggendaria rivalità fra le due squadre.
COLPEVOLI DI INNOCENZA – Tastando il polso dei tifosi partenopei sui social network si percepisce tanta rabbia, ma anche diversa competenza nella materia trattata. Non in termini giuridici, ci mancherebbe, ma comunque una conoscenza dei fatti che va oltre il semplice affetto per la maglia. “Se la sentenza è ingiusta c’è un motivo, anzi più di uno” pensano i fan. “In primis che Cannavaro e Grava non hanno commesso alcun illecito, se non quello di non aver fatto la spia. Trasponiamo i fatti nella realtà extracalcistica: un amico un po’ sfigato ti chiede di mettere su una banda per una rapina; tu lo mandi a quel paese e continui la tua vita, convinto che quello sfigato alla fine la rapina non l’ha fatta, anche perché tutti i suoi amici lo hanno mandato per campi a raccogliere margheritine. Gli infliggeresti la beffa di essere arrestato pur senza essere riuscito a commettere alcun reato? Omessa denuncia un corno, la differenza con altri eventi sta nel fatto che in questo caso la combine non è mai avvenuta. Dovrebbe fare una differenza enorme. Dovrebbe, si legge sulle diverse fanpage degli azzurri”.
OGGETTIVA… O NO? – Ancor più assurdo, per i tifosi partenopei, il principio applicato nel penalizzare il Napoli. “Di uno squilibrato più che di un delinquente. Perché uno che va dicendo in giro che con lo stipendio di calciatore non riesce ad arrivare a fine mese non deve avere proprio tutte le rotelle a posto. Che beffa per una società che senza saperlo si è tenuta in casa una persona il cui obiettivo era quello di pugnalare alle spalle la propria squadra puntando sulla sua sconfitta. Senza giocare peraltro, perché non dimentichiamo mai che in tre anni Gianello ha racimolato solo pochi minuti con la maglia azzurra. Era a fine contratto, avrebbe lasciato il Napoli dopo qualche mese e voleva assicurarsi una pensione dorata. Che cosa c’entra il Napoli in tutto ciò? Certe regole – sbottano i fan – paradossalmente servono più per fare il gioco dei non professionisti che quello di chi dovrebbe essere tutelato. Poniamo il caso limite: il signor Mediocre ha 35 anni e non trova più uno straccio di ingaggio. Va dal presidente e lo ricatta, minacciandolo che se non gli prolunga il contratto proverà ad organizzare una combine, tanto la sua carriera sarebbe finita comunque. Chi potrebbe fermarlo? Dopo il caso-Gianello potrebbe farlo benissimo, e di sicuro in ogni caso non subirebbe grossi danni. Già, perché sfidiamo chiunque a dire che in questa storia i tre anni e mezzo di squalifica inflitti al portiere pesano più dei sei mesi ai due difensori, e più del -2 al Napoli. Sarebbe ridicolo”. Questa la posizione a caldo dei supporter azzurri.
M.D.A.
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