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Per ora è un’idea, una suggestione, un sogno. In attesa di diventare un’ipotesi di lavoro, è soprattutto un desiderio. «Sì, la favola del Napoli ai napoletani è una bella favola. Io dico solo che il mio contratto scade il 31 dicembre del prossimo anno». Intervistato da il Mattino, Salvatore Bocchetti ha tutto, ma proprio tutto, nel Rubin Kazan. Si trova quasi a ottocento chilometri a est di Mosca, nel Tatarstan, terra di cerniera tra Oriente e Occidente, tappa obbligata sulla via dei commerci con la Cina, dove abbondano petrolio, gas, betulle e, in realtà, poco altro.
Bocchetti, lo segue il Napoli dalla Russia?
«Il Napoli e il Genoa. Sempre. Sono pezzi del mio cuore. Domenica neppure io sapevo per chi fare il tifo, ma alla fine sono contento perché due napoletani come me hanno brillato in campo».
Insigne e Immobile. Una bella generazione di baby-partenopei?
«Due campioni che presto si ritroveranno insieme titolari in Nazionale. Hanno talento, ma sono soprattutto ragazzi seri, precisi, tosti e molto tenaci».
Come lei e Criscito?
«Ovvio, altrimenti mica saremmo venuti qui in Russia a giocare?».
Se lo immagina: tutti insieme nel Napoli?
«Ho sempre sentito il presidente De Laurentiis dire che per un napoletano meglio non giocare nella squadra della propria città… ma non è vero: nel calcio, non vale il detto ”nemo profeta in patria”. Poi Paolo (Cannavaro, ndr) è l’esempio migliore per dimostrare che si può diventare dei leader pur parlando in dialetto».
Lei la scorsa estate è stato vicinissimo al ritorno a casa?
«Non lo so se è vero. Il mio procuratore non mi ha mai chiamato per dirmi: ”Guarda, è fatta”. Altrimenti, di sicuro non avrei fatto problemi».
Cosa le manca di più di Napoli e dell’Italia?
«Premessa obbligatoria: qui sto davvero bene. Certo fa freddo e la mia famiglia mi manca. Ma proprio domenica qui è arrivata mia mamma con la mia fidanzata con scorte di cibo napoletano… Così si va avanti molto meglio».
Poi è tornato anche a giocare in campionato?
«Ero fermo da una decina di giorni per un infortunio. Tornare nel gruppo è stata una liberazione».
Sabato al San Paolo c’è Napoli-Milan?
«Un partitone: credo che gli azzurri siano favoriti anche perché il successo a Marassi ha rilanciato il gruppo nelle zone alte. Gioca Insigne? Meglio, Lorenzo sa bene cosa significa per un napoletano battere il Milan. Ma attenzione: io non credo che la crisi rossonera durerà ancora a lungo».
Può vincere lo scudetto?
«Sì, può essere l’anno giusto, anche se la Juventus è davvero un avversario difficile. Però con quel Cavani così scatenato là davanti, non è un’impresa impossibile».
In giro per l’Europa quanti ce ne sono di bravi come lui?
«In Champions lo scorso anno me la sono vista con Messi, uno che solo se per una frazione di secondo ti distrai lo ritrovi in porta e tu sei ancora lì a centrocampo… Però dopo Messi c’è Cavani. Penso che Edi giocherebbe titolare anche al Barcellona».
Si è portato a casa la maglia della Pulce?
«Ho preferito quella di Xavi. Mica uno qualsiasi…»
Con il Rubin ha già passato il turno di Europa League. Il Napoli non ancora: dia dei consigli agli azzurri.
«Non è la Champions, dove loro sono usciti solo per sfortuna contro il Chelsea. Ma non ci sono rivali di serie B: il calcio europeo è cresciuto tantissimo».
Dunque meno turnover possibile?
«Non posso dare consigli a Mazzarri. Dico che noi ne abbiamo fatto pochissimo. Ovvio che da ora in poi ne faremo di più».
Magari il sorteggio potrebbe metterla difronte al Napoli?
«Ci ho pensato. Tornare al San Paolo, roba da brividi: è già successo, col Genoa e col Lanciano. Non è mai facile l’impatto iniziale anche perché sugli spalti c’erano tutti i miei amici del rione don Guanella».
Torna al Napoli anche se De Laurentiis le chiede di tagliarsi lo stipendio?
«Ma mica guadagnano così tanto. E comunque, se ne può tranquillamente parlare».
A.I.