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La canticchiano così, (quasi) tutta d’un fiato, come s’usava una volta, quando si snocciolavano dall’uno all’undici; come se fosse una cantilena o, meglio ancora, come se fosse una filastrocca…La sussurranno con le pause giuste, e stavolta per settori, portiere e poi
difensori- centrocampisti-trequartista-attaccanti, come se fosse una ninnananna, la colonna sonora per quella febbre del sabato sera che già avvolge, e come, e quanto….
TITOLARISSIMI – De Sanctis…Campagnaro-Cannavaro-Gamberini…Maggio-Inler-Behrami-Zuniga…Hamsik…Pandev-Cavani!
Squadra che vince non si sfiora neppure con un pensiero e in quell’atmosfera che introduce al d-day, pure l’unico e ormai quasi risolto dilemma (Gamberini o Aronica?) finisce per essere fagocitato dalle certezze delle statistiche che imperversano e che, imperanti, declamano i titolarissimi dell’ultima era, la formazione tenuta incollata dai precedenti che tràcimano dalle recentissime convinzioni. Tutto cominciò con la Lazio, un mercoledì sera, e non ci fosse stata la squalifica di Cannavaro, non sarebbe più cambiata, almeno non con l’Udinese, quando dalla panchina s’alzò invece Fernandez per prendersi il ruolo di titolare.
IL MODULO – Poi si potrà disquisire sui numeri, sulla disposizione, sulla strategia tattica, sulla versatilità (soprattutto) di Hamsik, che in teoria sarebbe un centrocampista e che in realtà farà il trequartista, la scheggia impazzita che se ne sta tra le linee, l’ombra di Pirlo in fase di non possesso, l’incursore quando invece il Napoli attacca: 3-5-2 con divagazione sul tema che diviene 3-4-1-2, però senza alcuna concessione, perché ci sono partite in cui è vietato distrarsi.
RIENTRA – E’ la sfida che avvince, il kolossal calcistico di questa fase del Terzo Millennio che Paolo Cannavaro va a vivere da capitano e da bandiera, la 248esima presenza che avvicina ulteriormente al sedicesimo posto di Francini ora distante appena 180 minuti, nella classifica degli azzurrissimi di tutti i tempi: lo stop con l’Udinese ha costretto ai lavori forzati in precedenza, obbligandolo a giocare ad Eindhoven la sua quarta partita in due settimane, ma gli ha permesso di tirare il fiato e scaldarsi per la «Vecchia Signora».
IMPENETRABILE – Le nuove gerarchie sono recentissime, un po’ figlie del caso (l’infortunio di Britos, il centrale di sinistra destinato alla maglia dal primo minuto) e un po’ germogliate lì in campo: la coppia di medianoni per la fase d’interdizione e di
costruzione, sulla carta (e innanzitutto su quella) sembrava dovesse essere 21 of 193 Dzemaili-Inler, poi Behrami ci ha messo la corsa, l’agonismo e s’è messo a strappar palloni ovunque. Ribaltone inevitabile, fuori uno svizzero e dentro un altro. Ma sette domeniche hanno detto anche altro: tre trasferte – Palermo, Catania e Marassi doriana – per ritrovarsi senza un gol alle spalle, una solidità difensiva che in Italia non ha eguali e che rappresenta la novità più rilevante rispetto al passato.
CONTINUITA’ – E’ facilissimo poi declamarla in quel modo, recitando la strofa mandata a memoria: perché il Napoli di adesso è per gran parte erede di quello di ieri e dell’altro ieri. Due le facce nuove, rispetto alla passata stagione, e sono Gamberini e Behrami: poi, da De Sanctis a Cavani, e passando per Inler, si va da un minimo di due stagioni d’azzurro ad un massimo di otto (compreso quello del…secolo scorso), ch’è collezionato da Cannavaro. A loro la Juventus, ai titolarissimi.
Fonte: Corriere dello Sport
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