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Forse non tutti se ne sono accorti, però dieci squadre su venti (saltuariamente o stabilmente) oggi adottano la difesa a tre. Sì, quella demonizzata da tutti, tecnici professionisti e opinionisti che avrebbero voluto svolgere la professione dell’allenatore. Ma i tre centrali difensivi rappresentano da sempre il cavallo di battaglia di Walter Mazzarri, l’unico ad utilizzarli in modo sistematico ed esclusivo nel corso della sua prima serie A. Stagione 2004-2005, quella dello “scudetto” vinto con la Reggina che partì con una penalizzazione di 11 punti e si salvò. Quest’anno, oltre al Napoli, giocano con lo schieramento a tre anche il Bologna, il Siena, la Fiorentina, il Parma, l’Udinese, il Bologna, il Genoa e la Juventus allenata in tribuna da Antonio Conte. Anche lui, fautore strenuo del 4-2-4, oggi gioca così. Ma non è stata tutta farina del suo sacco, giacchè il suggerimento (forse qualcosa in più.) a rivedere il credo tattico gli arrivò dai difensori della Juventus, in particolare Chiellini. Prima di Napoli-Juve dello scorso campionato, gli disse: “Mister, quando il Napoli ci attacca con Lavezzi, Cavani e Hamsik, poi Maggio e Zuniga chi li va a prendere se siamo schierati in linea?”. Osservazione saggia. E vincente: soltanto dopo il 3-3 del San Paolo, Madama prese coscienza di poter vincere il tricolore. Mazzarri ha fatto tendenza, se non addirittura scuola, eppure erano in tanti a suggerirgli, anche in maniera dura di eliminare questa “sciagurata” difesa a tre. Sciagurata, non proprio. La fase difensiva del tecnico del Napoli ripercorre un sistema di gioco, vecchio e vincente, che aveva permesso all’Inter di papà Moratti, di trionfare in Europa e nel mondo. Era il catenaccio col contropiede: l’attuale Napoli esprime analoghi concetti, con uno dei tre difensori più staccato rispetto agli altri: è tanto diverso dal libero di antica concezione? Questo è un modulo apparentemente meno audace, ma molto più protetto dello schieramento con i quattro difensori in linea che prese piede in Italia con l’avvento di Sacchi e frutto della filosofia lanciata dagli olandesi a metà anni Settanta: la tattica del fuorigioco, o dicasi schieramento difensivo “in linea”. Se hai Rudi Krol o Baresi, te lo puoi permettere, ma non sempre nascono difensori così eclettici e veloci. Anche per questa ragione è tornata di moda la difesa a tre: mi ricordate quanti centrali del calibro di Thiago Silva e Piquè circolano nei campionati del globo? Pochissimi e non altrettanto capaci. Mazzarri è il tecnico più moderno, grazie a una innovazione che tra un po’ verrà adottata anche dal Barcellona, nonostante l’addio di Guardiola che si era confrontato con Mazzarri su questo sistema, poco prima del Gamper dello scorso anno. E mentre i due chiacchieravano sul manto erboso del Camp Nou, dalle nostre parti c’era chi insisteva che avrebbe dovuto abbandonare questa strada, altrimenti non avrebbe mai allenato squadre di alto rango. Invece, Mazzarri è stato così caparbio da costringere tutti gli altri a copiarlo, ad emularlo. Tra i tanti, anche il ct Prandelli, che spesso giustificava la mancata chiamata di un difensore come Paolo Cannavaro perchè adatto solo al modulo a tre, oggi si è adeguato in rapporto alla grande rivoluzione vissuta nella serie A italiana. Eppure erano in tanti a professare un’idea tattica diversa, rivolgendosi anche con l’aria di chi pensava: ma guarda questo cocciuto che insiste in una logica. E adesso? Nessuno tra quelli che riempivano tv e giornali di parole severe verso il credo mazzarriano oggi ammette di aver visto sbagliato. Hanno lasciato scorrere, come se nulla fosse, come se le loro parole fossero null’altro che aria nel vento. Senza scomodare Nicolò Copernico, ma al pari dell’astronomo polacco, Mazzarri risulta troppo scomodo a chi si ostina a credere che sia sempre il sole a girare intorno a loro.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno