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“Nel magico regno del calcio la giustizia esiste” ha sancito Eduardo Galeano, il più grande narratore di sempre del gioco del pallone. Uruguagio come Miguel Angel Britos, che a quel diritto naturale si è appellato dopo un anno di sventura. Passato prima a curare una frattura al piede, subita a Barcellona il 22 agosto scorso nella passerella del Napoli contro la squadra di Leo Messi, e poi a guarire da una brutta fascite che gli ha allungato i tempi di recupero. Ma la roca, la roccia, non ha mai mollato. “Ora sono pronto e mi sento bene – conferma il difensore sudamericano che si è ripreso un posto da titolare – voglio solo entrare in campo per offrire finalmente a questa squadra quelle che sono le mie caratteristiche: tanta forza fisica, sacrificio nella marcatura e gioco aereo”. La testa, Miguel, non la usa soltanto per colpire la palla. Quella è un’attitudine secondaria. Prima bisogna pensare, e non soltanto al gioco del calcio. Per questo ha voluto capire, nel suo primo anno partenopeo, Napoli e i napoletani. E quale è stato il risultato? Chi ha vinto? “Ha vinto Napoli. Hanno perso quelli che la criticano. Questa è una città bellissima che va vissuta, capita. A volte la gente giudica da lontano, senza aver vissuto l’aria del posto, limitandosi a valutare per quello che sente dire. Così è per Napoli, che all’esterno viene dipinta sempre e soltanto in maniera negativa. Troppo per quella che è la realtà. I problemi ci sono, inutile nasconderlo, ma sono simili alle altre metropoli. Per certi versi anche inferiori in alcuni aspetti”.
Quando non c’è allenamento o partita cosa fa Britos a Napoli? “Vado vicino al mare. Mi rilassa, mi fa sentire bene. In realtà è come se il mare mi portasse a casa mia, in Uruguay”.
Nel suo Paese sono emigrate generazioni di italiani. Forse è per questo che si è facilmente adattato all’Italia? “Da noi ci sono tantissimi italiani, forse per questo abbiamo tante cose in comune. Come Giuseppe Garibaldi. Da noi ha combattuto per la libertà dell’Uruguay, qui per l’unità d’Italia. A Montevideo abbiamo un’avenida, una grande strada, dedicata a lui. Nella città di Salto, invece, è stata realizzata una grande statua”.
Dal Sudamerica ha portato in Italia tutta l’attrezzatura per continuare nella sua grande passione: la pesca. “Quando posso scappo a Gaeta per pescare. E ogni tanto vado col mio amico Gargano. Dalla spiaggia prendo qualche marmora, delle orate: taglie piccole rispetto ai pesci che si trovano in Uruguay. Una volta, al mio paese, ho tirato fuori dall’oceano una Corvina Negra di 20 chili. Poi ho preso anche delle Tararire belle grandi, ma quelle si trovano solo nei laghi. Sono simili al Luccio”.
Facciamo un gioco: nel “mare azzurro” del Napoli, Mazzarri che pesce è? “Non ho dubbi, il mister è uno squalo. E’ il più forte, non molla mai la presa. Davvero un leader. Cannavaro è invece un polpo. Al posto dei piedi ha i tentacoli. Per questo nelle chiusure in difesa è imbattibile. Gargano è piccoletto ma micidiale, come un pirahna. Ti prende e non ti lascia mai, in campo morde le caviglie degli avversari”.
Spostiamoci nelle profondità marine tra centrocampo e attacco. Da Inler a Pandev e Cavani. “Gokhan è una murena. Un po’ gli somiglia pure, ha la stessa forza ed è micidiale. Pandev mi sembra un’aguglia: veloce, sottile, pungente: ti sorprende e ti attacca senza mai sbagliare un colpo. Beh, poi c’è Edi. Lui è un pesce-vela. Apre la cresta e parte veloce come nessun altro”.
Meglio tornare al calcio vero. Che succede alla difesa del Napoli col nuovo modulo, il 3-5-1-1, adottato da Mazzarri? “Dietro cambia poco nell’assetto, siamo sempre in tre davanti al portiere. Ma ora abbiamo più copertura davanti. Oltre ai laterali che si abbassano e alle due mezzali che coprono sugli avversari, abbiamo uno tra Inler e Gargano – dipende da chi gioca – che si abbassa per fare da schermo davanti alla difesa e aiutarci. E’ un ottimo assetto, sono sicuro che ci darà ottim risultati”.
I due giovani talenti del Napoli hanno vissuto in maniera diversa questo ritiro. Insigne si è messo in mostra, Vargas ha ancora qualche difficoltà. “Edu ha grande talento, è un calciatore molto forte al quale bisogna dare fiducia. Deve imparare l’italiano per capire e farsi capire. Noi sudamericani cerchiamo di aiutarlo, ma così parliamo spagnolo per spiegargli le cose. Lui ora deve ragionare in italiano. Lorenzo, invece, mi ha impressionato. E’ un ragazzo incredibile dotato di grande tecnica, velocità e senso del gol”.
Che obiettivi ha fissato per questa stagione? “Personalmente vorrei cercare di raggiungere presto la migliore forma per mantenerla quanto più a lungo possibile, visti soprattutto gli infortuni dello scorso anno. Non mi dispiacerebbe, poi, segnare qualche gol. In media ne faccio tre a stagione, magari potrei fare un piccolo record. Ma l’obiettivo principale resta il destino del Napoli. Ripartiamo dall’anno scorso e dalla vittoria della Coppa Italia”.
Per arrivare dove? “Dobbiamo lottare in campionato per ottenere la qualificazione alla Champions. E sono sicuro che il Napoli abbia la qualità per poter conquistare l’accesso alla principale competizione continentale. Senza dimenticare che ci sono sia la coppa nazionale e l’Europa League. Per noi conta sempre vincere e giocare bene. Pensando solo alla prossima partita che si deve giocare. E adesso c’è la Juventus a Pechino per la Supercoppa. E dopo tanta sfortuna vorrei davvero cominciare bene l’anno”.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno