Quagliarella: “Al Napoli mi sentivo emarginato. Lavezzi, Campagnaro e Gargano non mi passavano la palla”

 

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CALCIOSCOMMESSE INTERROGATORIO QUAGLIARELLA / NAPOLI – Il ‘Corriere dello Sport’ propone l’interrogatorio integrale di Fabio Quagliarella agli inquirenti della Procura di Napoli sul caso Calcioscommesse, del 16 giugno 2011. Alcuni passaggi sono molto interessanti in quanto aiutano a capire i motivi per i quali l’attaccante attualmente alla Juventus lasciò Napoli per il bianconero: “La mia scelta di lasciare il Napoli fu determinata da ragioni prettamente calcistiche. In pratica, già durante il campionato vi erano state frizioni ed incomprensioni con alcuni dei compagni. In pratica mi sentivo emarginato nel gioco della squadra e mi capitava di accorgermi che qualche compagno faceva di tutto per non passarmi la palla. Poi mentre ero in Sudafrica per i Mondiali leggevo sui giornali che la società mi considerava cedibile e che trattava col Rubin Kazan. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Chiesi al mio procuratore di essere ceduto e subito si fece avanti la Juve”. 

 

IL NAPOLI-PARMA ‘INCRIMINATO’ – Sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti un Napoli-Parma del campionato 2009-2010, partita che si concluse con un’inattesa sconfitta del Napoli e con l’espulsione di Quagliarella: “Quando si giocò Napoli-Parma, io avevo già segnato 9 gol e mancavano, se non sbaglio 5 giornate alla fine del campionato. La mia espulsione fu dovuta alle mie proteste che feci contro la decisione dell’arbitro di non punire con un rigore un fallo commesso su di me da un difensore del Parma. L’arbitro mi ammonì ed io a quel punto persi la testa, perchè l’ammonizione comportava, essendo io stato già diffidato dal giudice sportivo, l’automatica squalifica per il turno successivo. Fu così che usai frasi offensive nei riguardi dell’arbitro e a ciò seguì la mia espulsione. In conseguenza di ciò, fui squalificato per tre giornate”. Un finale che probabilmente sancì anche la fine del rapporto di Quagliarella con la società: Quella partita segnò un chiaro momento di crisi del mio rapporto col Napoli. Non soltanto perchè mi fu irrogata dalla società unamulta assai salata (28 mila euro), ma soprattutto perchè mi sentii abbandonato a seguito della decisione della società, comunicazione a mezzo stampa, di non fare ricorso avverso la squalifica, per tentare di ottenere una riduzione”. 

 

I COMPAGNI ‘INVIDIOSI’ – Quagliarella vuota il sacco e fa anche i nomi dei compagni che, a suo dire, lo boicottavano: “Avvertivo intorno a me un senso di isolamento creato dal gruppo dei sudamericani (Lavezzi, Gargano, Campagnaro, etc), forse perchè costoro sentivano ed invidiavano il maggiore affetto che i tifosi spontaneamente mi avevano subito riservato, magari anche perchè napoletano e non solo perchè attaccante di valore nazionale. Voglio precisare che durante tutto il campionato ho avuto la sensazione, fondata su ciò che accadeva in campo, che il gruppo di sudamericani mi era ostile in campo, non passandomi la palla quando avrebbero potuto e dovuto”. Un disagio espresso anche all’allenatore: “Parlai di tale malessere con il mister Mazzarri, con cui mi risentìi in occasione della partita Fiorentina-Napoli, perchè non mi fece giocare titolare ed avrei potuto essere in tale occasione capitano della mia squadra. Feci comunque ritorno in campo in occasione della penultima giornata e grazie a due gol segnati all’Atalanta in una partita casalinga, mi portai a quota undici nella classifica di cannonieri di quell’anno”. 

 

IL PREMIO IN DENARO – La società aveva promesso un premio a Quagliarella al raggiungimento del dodicesimo gol in campionato. Motivo per il quale l’attaccante era spronato a far bene, non certo a vendere le partite per penalizzare la squadra: “L’ultima partita aveva per me anche un particolare valore economico, oltre che sportivo, perchè segnare un gol avrebbe comportato l’ottenimento di quel sostanzioso premio in denaro. Si giunse così alla partita Sampdoria-Napoli. Per i nostri avversari vincere era necessario per andare in Champions League. Per noi era una partita priva di valore di classifica. Ma, come detto, per me era importante anche per quell’obiettivo economico. Molti miei compagni erano a conoscenza di quella clausola del mio contratto. Io stesso mi ero confidato con taluno di loro e la voce si era sparsa nello spogliatoio, tanto che poco prima dell’incontro, anche l’allenatore Mazzarri mi chiamò per dirmi che sapeva del mio obiettivo e che, schierandomi in campo, mi avrebbe messo in condizione di raggiungerlo. Durante la partita, feci di tutto per segnare. Il loro portiere fece miracoli e mi parò due tiri con i quali ero certo di poter segnare”. I compagni di squadra comunque non mostravano segni di stranezze: Non colsi alcuna anomalia nel comportamento dei miei compagni, del resto l’incontro fu preparato con scrupolo dell’allenatore che come me e Maggio era un ex tesserato della Sampdoria e, magari solo per questo ci teneva che la sua squadra facesse bella figura. Matteo Gianello è stato un buon compagno di squadra, che accettava con serietà il suo ruolo di terzo portiere quasi mai convocato per le partite. Non ricordo di aver parlato con Gianello della partita Sampdoria-Napoli, ne ho notato comportamenti “anomali” da parte sua. Non ricordo di aver parlato con Gianello della Vicenda del mio premio contrattuale previsto per il dodicesimo gol segnato. Sicuramente ne ho parlato con Gennaro Iezzo, cui ero particolarmente legato, e con cui facevo sistematicamente in automobile il percorso da Castellammare di Stabia a Castelvolturno per gli allenamenti”. 

 

(calciomercato.it)

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