Varchi sotterranei segreti, o – meglio – ben conosciuti ai soli ultrà delle due curve. Fori nelle paratie del muro perimetrale che cinge l’ovale dello stadio. E, ancora: telecamere di videosorveglianza attive, ma solo a singhiozzo, e cioè fino a quando – la sera prima dell’incontro di calcio previsto, qualcuno non provvede ad “accecarle” con vernice spray nera. Eccolo, il San Paolo colabrodo.
Questione antica e mai realmente risolta, quella della sicurezza degli accessi ad un impianto che sembra essere stato disegnato e costruito proprio per renderne impossibile il controllo. Più volte affrontata dai responsabili delle forze dell’ordine e dai vertici della stessa società. Ma tutta la buona volontà di polizia, carabinieri e security interna alla società di Aurelio De Laurentiis non basta a fronteggiare l’onda lunga di “portoghesi”, e soprattutto di quei facinorosi che riescono a introdurre nel catino di Fuorigrotta praticamente tutto ciò che vogliono. Non solo le pericolosissime bombe carta che, puntualmente, vengono fatte brillare prima, durante e dopo il match; ma anche coltelli, spranghe di ferro e mazze da baseball, sempre “utili” a quel pugno di violenti che mettono nel conto un eventuale scontro fisico con la tifoseria avversaria.
«Il Mattino» fu in grado di documentare anche un altro sconcio. Lo spaccio di droga, hashish e cocaina, che avveniva in un preciso luogo non distante dai bagni, lungo l’anello superiore della Curva A. Difficile immaginare un controllo capillare, per un settore – come quello della curve – che (partita di cartello o no, che sia) si riempiono come un uovo al punto di rendere drammatico il colpo d’occhio dalle tribune: è talmente in sovrannumero il totale dei tifosi addossati l’uno sull’altro sugli spalti da non lasciar vedere nemmeno le scale colorate di giallo, che pure dovrebbero rappresentare – in casi estremi – le uniche vie di fuga verso l’esterno. Ora ci si domanda: da dove entrano, mediamente, mille duemila pesone in più che finiscono sulle curve senza avere alcun biglietto?
Nemmeno le opere faraoniche realizzate a suo tempo in occasione dei Mondiali del 90 furono in grado di “blindare” il San Paolo. Semmai, anzi, le strutture messe in piedi per quella competizione finirono con il complicare ulteriormente il controllo dello stadio; offrendo, invece, ai soliti ultrà e a quel numero sempre crescente di furbetti che entrano senza pagare il biglietto nuovi spazi di azione. Emblematico ciò che è diventato l’intero lato perimetrale che corre lungo il sottopasso Claudio. Fori praticati ad arte danno accesso a cunicoli che si dipanano fino a trasformarsi in veri labirinti, ben noti comunque a chi li pratica per spuntare direttamente all’interno del San Paolo, versante curva A.
Puntualmente, gli operai cementano questi fori aperti nel muro. E, puntualmente, qualcuno li riapre. Un’indagine della Digos, all’epoca guidata da Antonio Sbordone, riuscì a dimostrare poi come uno dei custodi del San Paolo fosse in combutta con le frange più estreme e violente della tifoseria azzurra; al punto da nascondere nella sua abitazione, interna allo stadio, chili di micidiali bombe carta, oltre a una serie di strumenti il cui ingresso allo stadio è vietato.
Il Mattino
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