Lo chiamavano il quarto tenore, la quarta punta o anche la riserva di lusso. Sì, all’alba della sua esperienza napoletana, Goran Pandev era visto e considerato proprio come uno di quei bolidi di Formula 1 belli e scintillanti, ma comunque relegati in seconda fila per ordini di scuderia: Lavezzi, Hamsik, Cavani; e poi lui, il genio macedone che per esperienza e talento e trofei conquistati potrebbe tenere lezioni in cattedra con occhialini da prof. Da qualche settimana, però, la scuderia ha modificato i piani. Radicalmente. E complice anche la cessione di Lavezzi al Psg, Pandev s’è trovato di nuovo in prima linea: felice, contento, responsabilizzato e carico. Perché sia chiaro: quel ruolo di leader che ha tanto inseguito, smanioso, nella stagione di tante panchine, è già infiocchettato. Deve soltanto prenderlo. E farne l’uso migliore possibile. Garantisce Mazzarri.
IL RETROSCENA – Già, proprio così. Perché il tecnico azzurro, prima ancora di cominciare a discutere con De Laurentiis del futuro, ha espresso precisamente questo concetto: Pandev è la base, la prima pietra su cui fondare il nuovo corso. Che si fa? Beh, il presidente ha preso il telefono e ha chiamato Moratti, davanti al proprio allenatore, la sera stessa dell’incontro di Roma: nostro. E uno. Il secondo passaggio, ora, dovrà farlo Goran: tanta fiducia e tanta stima meritano risposte in campo.
CHE CURRICULUM – La pressione, comunque, non è mica un problema per lui: la leggenda del calcio macedone, il capitano della Nazionale, il mister Triplete dell’Inter di Mourinho e il signor Coppa Italia. Scudetti e coppe, trofei e soddisfazioni a go-go. Un elenco lungo così. Proprio così: scudetto, Champions, Mondiale per club, Coppa Italia (2), Supercoppa italiana e Viareggio con l’Inter; Coppa Italia e Supercoppa italiana con la Lazio; Coppa Italia con il Napoli. Che curriculum, per quello che in Macedonia è considerato il miglior giocatore della storia del Paese, nonché per il miglior marcatore incoronato dalle statistiche nazionali (25 gol).
LA NUOVA VITA – Con Mou, che ancora oggi sente con grande affetto, è stato tra gli uomini della svolta. Determinante per il ciclo straordinario, pur suonando in un’orchestra degna della Filarmonica di Vienna. Con Mazzarri, invece, dovrà essere il direttore. Anzi, un animale da palcoscenico. Il frontman della band: è questo il motivo per cui è stato fortemente voluto. E’ lui, che l’allenatore considera l’uomo più dotato tecnicamente. E non ha torto. Dunque, sotto con la nuova vita di Goran il macedone: perché se il genio (sregolato) è innato e sublime, il fisico va curato giorno per giorno. Costruito e alimentato sin dall’estate, questa volta: sin da Dimaro, con una preparazione atletica degna del novero e dello spessore degli impegni che aspettano il Napoli sin dall’11 agosto a Pechino con la Juve in Supercoppa. Il resto verrà da sé.
LA CITTA’ – Prima del raduno, fissato il 9 luglio al centro sportivo di Castelvolturno, però, saranno soltanto vacanze. Un lungo viaggio di nozze, considerando che Goran, una settimana fa, ha sposato anche in chiesa la signora Danica, sua moglie, per la legge, dal 2009. La cerimonia e poi la festa con un centinaio d’invitati all’hotel Sirius di Strumica, la sua città, con danzatrici del ventre, i due figli e l’amico Dejan Stankovic al proprio fianco. Gioia vera, pura, come all’Olimpico dopo la conquista della Coppa Italia azzurra: “E’ stata la più bella delle quattro vinte”. O la firma sul contratto triennale che lo ha legato al Napoli: “Lo volevo a tutti i costi. Qui sono felice”. E anche ben integrato: il caffè con vista su Posillipo, le cene alla Finestrella di Marechiaro, qualche amico – pochi ma fidati – e l’abbraccio del popolo: “La festa per la Coppa Italia sembrava quella per la Champions: non oso immaginare cosa potrebbe accadere, se dovessimo vincere altro”. Restare per provare. E per credere.
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