di Nicola Lo Conte
Quando Edy Reja lo scelse nell’anno della B, alla vigilia di Napoli-Juventus, sacrificando la fantasia di Roberto De Zerbi per dare nuovi equilibri agli azzurri, in molti, tra addetti ai lavori e non, storsero il naso. Il 3-5-2 sembrava ai più un modo di stare in campo antiquato e poco efficace: sia in retroguardia, dove i tre uomini apparivano troppo esposti agli attacchi avversari, sia in fase offensiva, che l’immaginario collettivo vedeva troppo sacrificata. Il tecnico friulano, impermeabile al fuoco delle critiche, aveva tuttavia capito che si trattava della soluzione più adatta alle caratteristiche dei giocatori, e tirò dritto per la sua strada, non cambiando più. Alla fine, i fatti gli diedero ragione: il Napoli fu promosso in serie A, per giunta con il miglior pacchetto arretrato del torneo (29 reti subite, meglio persino della Juve).
L’idea vincente fu confermata da Reja nel campionato successivo, nonostante il modulo continuasse ad essere inviso anche a buona parte della tifoseria, che rimproverava al mister una mancanza di coraggio nel non essere più spregiudicato. Anzi, il 3-5-2 esaltò le caratteristiche di giocatori assolutamente atipici come Hamsik e Lavezzi, ed il Napoli iniziò a farsi apprezzare anche quanto a qualità, oltre che a redditività, del gioco, sbalordendo in qualche caso le platee della massima serie. Colpì soprattutto l’identificazione della squadra nel proprio modo di stare in campo, e la riprova fu la gara casalinga contro l’Empoli, in cui Reja provò il passaggio ad un 4-3-3, ricevendone in cambio un rovinoso ko per 3-1.
L’addio del tecnico friulano, a inizio 2009, contrariamente alle attese non segnò una svolta in tal senso: anche il subentrante Roberto Donadoni si affidò costantemente alla difesa a 3, nonostante in carriera non vi si fosse praticamente mai affidato, continuando tra mille polemiche visto il rendimento non eccezionale della squadra. Chiusa la breve parentesi dell’ex tecnico della nazionale, ecco Walter Mazzarri: con lui, l’unico piccolo ritocco dello spostamento in avanti di Hamsik per una sorta di 3-4-2-1, ma schieramento sostanzialmente confermato.
E’ con il tecnico toscano, che un abito tattico ritenuto fin troppo anticonformista (“Nessuno gioca con la difesa a tre in tutta Europa”, è il ritornello che a più riprese imperversava nei salotti giornalistici) assunse una dimensione di rilievo assoluto: il Napoli divenne progressivamente squadra in grado di imporre il suo gioco in qualsiasi situazione, in casa come in trasferta. Tratti distintivi: la partecipazione di tutti i giocatori ad entrambe le fasi, offensiva e difensiva, e l’ottimale copertura degli spazi, traducibili in imprevedibilità in fase attiva e in compattezza in quella passiva. Oggi, se ne sono accorti davvero tutti: in Italia diverse squadre si dispongono in maniera speculare quando affrontano il Napoli, e le “big”, sia nazionali che europee, spesso ci capiscono poco contro gli azzurri.
Se ne accorse, tra gli altri, anche Antonio Conte, allenatore della Juventus, che proprio nella gara d’andata di questo campionato al San Paolo, inaugurò il 3-5-2 bianconero, per non abbandonarlo più, trovando in esso la chiave per far rendere i suoi al massimo, fino alla conquista dello scudetto. Sfatando quindi il tabù che vedeva storicamente nella difesa a tre una scelta perdente (e trovando conferma nella finale di coppa Italia a Roma, in cui le due contendenti si sono affrontate a specchio).
A ruota, lo ha seguito, proprio in questi giorni, il tecnico della nazionale italiana Cesare Prandelli, che dopo un lavoro di due anni – e una tradizione azzurra che si perde nella notte dei tempi – rigorosamente impostato sulla difesa a quattro opta per la svolta nell’immediata vigilia degli Europei, conscio che l’Italia abbia bisogno, in questo momento, soprattutto di un maggiore filtro a centrocampo, per poter esaltare le caratteristiche di un reparto fin troppo pieno di palleggiatori. In questa stagione, persino il Barcellona ha mostrato in qualche occasione la difesa a 3. Insomma, non sarà stata la rivoluzione “sacchiana” del calcio, ma a proprio modo il Napoli, e il suo 3-5-2, hanno riscritto qualche pagina di storia del calcio.
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