Uno, due, tre: i salti nel vuoto non sono (mai) ammessi, men che meno alla vigilia di una finale di Coppa Italia, il fiocchetto (azzurro) su una stagione in cui brillano vive notti indimenticabili. Juventus o Napoli, la verità è nell’aria: un’ora e mezza (probabilmente), per prendersi il trofeo, sistemarlo in bacheca, infilarlo nella galleria dei propri ricordi. E allora, avanti adagio, con passi cauti per la settimana ideale dell’allenatore, che comincia al martedì con la seduta atletica e si conclude al sabato con la rifinitura e non prevede pause, accavallamenti. Uno, due, tre: perché fino a domenica sera, quando sarà stilata la lista delle formazioni, ci sarà da meditare, sistemando sul bilancino i pro e i contro, trascinandosi appresso le perplessità suscitate dal campo o magari dal bollettino medico e poi decidere con chi andare al gran ballo con Madame, se con il Cannavaro acciaccato e però già bello tonico o con Fernandez, con lo Zuniga zompettante o con il Dossena-goleador, con il Pandev ispirato o con il Lavezzi motivato. Manca niente all’Olimpico e le percentuali cominciano a delinearsi. Però…
DIFESA – La contusione al costato si sta assorbendo e Cannavaro s’è sistemato il programmino di avvicinamento alla finalissima da affrontare bardato della sua fascia di capitano e procede a passo spedito, con disinvoltura: il tempo è un galantuomo e spiegherà se il dolorino è sopportabile, ma ci sono partite a cui è vietato assentarsi; l’ha intuito pure Fernandez che però sta là, petto in fuori e sguardo vispo: al 70% toccherà a Paolo il caldo, napoletano dentro e fuori, carta d’identità, codice genetico, sangue nelle vene, insomma tutto ciò che fa pathos da figliol prodigo.
CENTROCAMPO – La destra è di Maggio, indiscutibilmente: lui parte e va, anche se recentemente ha dovuto un po’ rallentare, causa affaticamento; in mezzo, per mettere il pallone in banca, piedi svizzeri, quelli di Inler e Dzemaili, la coppia inattaccabile pure per cause di forza maggiore, determinata dalla squalifica di Gargano («che rabbia»); è a sinistra che Mazzarri presta attenzione: il Dossena di domenica sera ha stupito non solo per la doppietta ma principalmente per la facilità di corsa; e però Zuniga, nel corso della stagione, s’è preso qualche metro (e qualche presenza) di vantaggio, il che lascia propendere per il 55% di chanche in questo volatone della corsia mancina.
ATTACCO – L’uno e l’altro in questo momento pari sono e la freccetta oscilla un po’ di qua e un po’ di là, perché con i talenti è così che va. L’uno è Ezequiel Lavezzi, in arte il Pocho, un fenomeno (para)normale che ha fatto innamorare Napoli, da una parte della quale ha poi dovuto subire i fischi di gelosia per un divorzio (più o meno) annunciato: fisicamente sta bene, psicologicamente chi può dirlo e le controdeduzioni riguardano proprio l’ispirazione, ch’è figlia (spesso) della serenità interiore; l’altro è Goran Pandev, in pratica il quarto tenore, che ha dimostrato di aver gamba, senso dell’assist, una voglia matta di giocare (e bene) per dare un senso compiuto alla sua stagione in chiaroscuro e definire in qualche modo il proprio futuro. Lavezzi o Pandev è un dualismo a oltranza, sino all’ultimo secondo prima di cominciare che per ora dice 49% a 51%. Ma c’è tempo e ognuno farà il proprio gioco.
Il Corriere dello Sport
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